Santa Maria in Valena (Valpolicella, VR)

domenica 19 gennaio 2014

[RePost]: LA PASSIONE COME ANTIDOPING

da Twitter - Alberto.Microsatira ‏@Microsatira
Ogni giorno un ciclista si sveglia e sa che dovrà andare in fuga dai controlli antidoping.

Sì, è così, al punto che su Wikipedia è in aggiornamento Casi di doping nel ciclismo.

Leggere tutto ciò ha fatto scattare in me il bisogno di pubblicare qualche riga sul doping. Ora, in questo blog mi piace scrivere di tutto, ma sarebbe presuntuoso pensare di poter essere onnisciente, o ancor peggio di erigermi a tuttologo. Mi sono perciò affidato a chi il ciclismo lo conosce meglio di me, ma soprattutto lo ama perché, pur lontano dalle vette del professionismo, lo pratica con grande passione e buoni risultati.

Le vette son sempre vette e MarcoGGì (così lo ribattezzo nella versione web) ci proporrà degli spunti molto interessanti, scritti di getto, ma molto lucidi. L'istinto e la lucidità sono le doti del ciclista e di ogni vero uomo che sa quanto ogni giornata sia una cima sulla quale ci aspetta il traguardo più bello: la soddisfazione di aver vinto anche senza arrivare primi.

"Meglio puntare sulla passione”

(a cura di Marco Guerreschi)

Il doping nello sport, ed in particolare nel ciclismo, c’è sempre stato e (purtroppo) sempre ci sarà. Non è disfattismo, né un pretesto per legittimare il doping o per arrendersi: è una semplice constatazione di fatto.

Fin dai tempi del ciclismo eroico (inizi del '900) i ciclisti si aiutavano come potevano (leggi “pastiglie e bevande strane”). Forse fanno più tenerezza i “pionieri” di allora, perché non c’erano certo i ritrovati scientifici e le strumentazioni di adesso (epo e affini, macchine iperbariche “portatili” consentite in Francia ma vietate in Italia, etc.); erano atleti più inconsapevoli di quello che prendevano e oltretutto più esposti a rischi, sottoposti a sforzi ben diversi (giri d’Italia e di Francia con tappe di oltre trecento chilometri, seppur con intervalli tra una tappa e l’altra); insomma, le gare in linea superavano sempre i 250 km ed erano corse su strade prevalentemente sterrate, affrontate con biciclette dallo scatto fisso o come minimo senza i rapporti di adesso; le bici stesse pesavano almeno il doppio, l’assistenza tecnica era rigorosamente “fai da te”; si prendevano molti meno soldi di adesso (n.d.r. le combines potevano anche pittorescamente riguardare polli o vestiti), ma tant’è, per quanto “comprensibile”, l’imbroglio rimane.



Oggi, invece, la scienza e la tecnica hanno fatto notevoli passi avanti: il ciclismo è diventato più umano rispetto ad una volta e, se si è bravi, garantisce anche una certa fama e dei bei soldi. Quindi è diventato più importante vincere e di conseguenza anche il doping si è evoluto. Forse per questo chi imbroglia ci sta ancora più antipatico, ma secondo me non bisogna assolutamente arrendersi.

A me il ciclismo piace, ma soprattutto mi appassiona, e qualunque scandalo non mancherà di farmelo seguire. Le persone cambieranno, ma la bici e i luoghi nei quali può arrivare restano, anzi, se ne scoprono sempre di nuovi, sempre più belli: nuovi arrivi per i ciclisti e nuove mete per i ciclo-amatori (“rectius” ciclismo-amatori!).

Se pensiamo ai ciclisti famosi coinvolti in casi di doping per sostanze più o meno note (epo, caffeina, cannabis, diuretici, clenbuterolo) o di valori sballati del sangue (ematocrito), del passaporto biologico, o accusati di frequentazioni con personaggi discutibili, in particolare medici e rivenditori di sostanze dopanti, sono stati davvero tanti (uno per tutti il grande Merckx squalificato dal Giro d’Italia del 1969 perché trovato positivo ad uno stimolante, la fencamfamina); alcuni sono poi stati riabilitati dai tribunali, dalla strada (Merckx appunto) o dalla storia; altri no, altri non lo sappiamo ancora e forse non lo sapremo mai e il dubbio resterà per sempre. Tuttora ci sono ciclisti che gareggiano con un certificato medico che giustifica certi possibili valori anomali.

Ma questo, per quanto mi riguarda, non mi toglierà il piacere di andare in bicicletta, né di guardare il ciclismo in tv, finché ci saranno gare e ciclisti che competono, a costo di subire grandissime delusioni. Perché la passione è più forte.
D’altra parte comprendo coloro i quali, invece, a causa di tutti questi scandali, sono portati a non crederci più e a dire basta con il ciclismo praticato o visto in tv; comprendo, ma vorrei che anch'essi, come tutti i ciclisti puliti che si vedono battuti e staccati da “imbroglioni”, non cedessero e continuassero ad amare la bici. Se vanno avanti i ciclisti che faticano tantissimo e in media guadagnano poco, e certo meno che in altri sport (almeno i gregari onesti e puliti, considerando che il minimo salariale per un ciclista professionista è di 36.300 euro lordi e che durante la gara non si sta in panchina, ma si deve fare comunque tutto il percorso, anzi meno si è bravi più si fatica), non meritano forse di essere seguiti?






"Fortebraccio”


“In autunno il rumore di una foglia che cade è assordante perché con lei precipita un anno”
(Tonino Guerra)
Certo Lancia Fortebraccio, ovvero Lance Armstrong, non è proprio una foglia, ma nell'autunno del ciclismo ci siamo entrati, eccome.

Ed il tonfo è stato davvero assordante: ormai in America la sua fondazione viene soprannominata liestrong (grandissimo imbroglio), anziché livestrong.

All'epoca dei fatti, in quasi tutti i giornali sportivi e non, untrafiletto o una mezza pagina non sono mancati. Credo, perciò, che ognuno abbia avuto occasione di leggere qualcosa e di farsi una propria idea.

Ritengo che Lance Armstrong abbia imbrogliato e parecchio, ed è difficile, anzi impossibile, credere che tutte le persone (ciclisti, dirigenti e compagni di squadra, segretarie e impiegate) che hanno reso testimonianza contro di lui abbiano mentito, insomma, si siano inventate circostanze, fatti e luoghi così precisi e concordanti tra loro.
Sembra proprio che tutte le sette vittorie al Tour de France e le altre corse, anche precedenti (compreso il Mondiale di Oslo del 1993 e la vittoria di tappa al Tour de France del 1995 dedicata al compagno Fabio Casartelli, morto pochi giorni prima nella discesa dal Portet D’Aspet), siano state falsate dal doping.

Detto queste mi sorgono tante altre domande e dubbi.
Ma ha imbrogliato solo lui?
Come mai in oltre quattrocento (!!!) controlli antidoping non è mai stato trovato positivo?
Perché si sono accaniti così tanto con lui e non con altri?
Possibile che non ci siano altri ciclisti dei quali siano stati conservati i campioni da andare ad analizzare nuovamente?
Non è forse vergognoso che quasi tutti i ciclisti che hanno accettato di collaborare e testimoniare siano stati squalificati per soli sei mesi (e proprio in questo periodo di pausa invernale), così da poter tranquillamente riprendere a marzo/aprile, facendo addirittura la figura di quelli bravi?
E che dire dei loro comunicati stampa, redatti quasi in fotocopia, tramite i quali chiedevano scusa e si cospargevano il capo di cenere ?

Certo... proprio quelli che di fatto l’hanno osannato per anni, adesso sono tra i più grandi accusatori (compresi gli organizzatori del Tour de France... del resto, come canta Giorgia “Tu mi porti su, poi mi lasci cadere”).
Devo ammettere che non ero molto favorevole a queste indagini retroattive, operate per così tanti anni e solo nei confronti di Armstrong, perché credo che tutto vada analizzato e considerato nel suo contesto e soprattutto con uniformità. Si dovrebbe,pertanto, avere la stessa “attenzione” anche per tutti gli altri corridori, ed in tutti gli Stati (mentre in Italia basta essere indagato e nemmeno ti convocano in nazionale, in altri Stati invece sembra tutto sia lecito).
Però, tant’è... ormai le prove ci sono (eccome) e non si può certo far finta di niente. Se da un lato Armstrong non può certo pensare di sfuggire alla condanna e alla revoca dei titoli vinti, d’altro canto non dobbiamo nemmeno dimenticare che altri atleti, purtroppo, l’hanno fatta franca. Per un Armstrong scoperto e sbugiardato, tanti altri hanno bellamente imbrogliato, e non lo sapremo mai.

E non è certo finita qui. Non è che condannando Armstrong, allora, “giustizia è fatta”, perché non era certo solo lui "il cattivo": concentrandosi sul pesce grosso, tanti di quelli piccoli sono riusciti a nascondersi.
Spero, quindi, che tutto ciò serva di monito, per capire che non si può pensare di farla franca. Se si bara, si viene puniti: auspico ci sia davvero la volontà di scoprire e di punire gli imbrogli di tutti, dappertutto (anche se più volte le varie federazioni ciclistiche, le agenzie antidoping e le società che organizzano le varie corse hanno dimostrato di non andare proprio del tutto d’accordo, insomma, di non collaborare fattivamente).

Sono rimasto molto deluso dallo sportivo Lance Armstrong, mentre l’uomo e la battaglia contro il cancro rimangono un esempio per tutti. Ciò non deve ovviamente giustificare l’imbroglio sportivo. Anzi, più una persona è in grado di dimostrare spessore e coraggio, più dovrebbe essere d’esempio, in tutti gli aspetti della vita, e non approfittarne per poi nascondere la verità dietro l’immagine che si è creato. Probabilmente un tale comportamento è ancora più grave, perché così l'appassionato si sente preso in giro due volte, e la delusione aumenta.

La prima cosa che ho pensato quando è scoppiato il caso è ad un doping così esteso, sistematico, organizzato e preciso, da gettare ombre su tutto. Tutto era falso e tutto era un imbroglio! Quali sono state le vittorie pulite, quali i campioni veri negli ultimi trent’anni di ciclismo (e forse anche oltre)? Poi, come altre volte, alla fine ha prevalso in me l'amore per il Ciclismo, che è più grande dei ciclisti e del doping. Come lasciato trasparire nei titoli dei miei due pezzi, ho pensato che è meglio puntare sulla passione, vera e genuina, che non si può falsare, gonfiare o dopare.

Io continuerò a parlare di ciclismo con gli amici e con gli appassionati che avrò incontrato, continuerò a guardarlo in tv e dal vivo. Soprattutto continuerò a inforcare la bicicletta, certo di avere più soddisfazioni che delusioni, perché, per quanto qualcuno avrà imbrogliato, non mi impedirà di salire sulla sella e (il ciclismo è racchiuso tutto in questo umile verbo) pedalare.



Lettura consigliata circa “ciclismo e passione”:

- GIANNI BRERA, Addio bicicletta, Dalai Editore

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