Santa Maria in Valena (Valpolicella, VR)

sabato 24 agosto 2013

Sogni mostruosamente indecifrabili

Il linguaggio dei sogni mi sembra sempre più affascinante con il passare degli anni.
A parte per lo stretto contatto che molti registi hanno instaurato tra gli stessi e il linguaggio cinematografico (un nome per tutti, a me caro, Lynch!), dopo aver sognato avverto sempre quella strana sensazione di aver ricevuto (da me stesso!) un messaggio importante che è doveroso e intrigante decifrare.


Sì, forse nel sonno i flash che durante il giorno hanno colpito la nostra corteccia cerebrale continuano ad alimentare il nostro inconscio e il nostro subconscio, ma come con i giochi enigmistici più complicati (ma lì la soluzione c’è!) raramente riesco a trovarne la… chiave! E’ facile smarrirsi dentro il sogno stesso, e perlopiù i contatti con la realtà sono bellamente interdetti.
Non credo nemmeno ci sia uno schema ricorrente da individuare e che ci siano oltretutto tanti luoghi comuni da sfatare sui sogni. Ad esempio una volta ho sognato distintamente accompagnato da vividi colori, quando invece per anni mi ero persuaso che i sogni fossero solo in bianco e nero.
Poco male, anche perché a volte per sognare non mi serve nemmeno chiudere gli occhi…
Ma vogliamo ancora un mondo all’altezza dei sogni che abbiamo?

Sappiamo ancora trarre ispirazione dai sogni? 



martedì 16 luglio 2013

Old Gaelic Game

Il mondo Gaelico è sicuramento ricco di fascino...



Ma a parte gli inni a carattere sacro, una giornata può essere illuminata anche dal calcio... gaelico!


I Verona Wolverines hanno dato man forte ad alcuni amici irlandesi (e non... also from U.S.A.) con uno sguardo a Rovigo, in modo che la loro deriva(zione) australiana (Aussie Rules ->> Orules) potesse consolidarsi in una disciplina contigua (ma non di palla ovale) nello spirito e nelle dinamiche: il calcio gaelico... appunto.



E non sono mancate le liete sorprese sul campo e (come sempre!) fuori.



All'Arcella di Padova, sotto l'egida di The Paddies si è disputato così, sabato 13 luglio 2013, un torneo-esibizione che ha messo insieme due sport e tanti ragazzi accomunati dalla voglia di divertirsi, vivendo e proponendo qualcosa di alternativo, anche per allargare il movimento (leggi qui).



" Il calcio australiano, chiamato pure australian football, australian rules,aussie rules, footy, è lo sport nazionale australiano e l'attività atletica di gran lunga più praticata e seguita in Australia.

ll regolamento del gioco, codificato nel 1859 (anche se la prima partita fu disputata un anno prima, nel 1858, con un regolamento abbozzato), ha caratteristiche che derivano dagli altri football, soprattutto dal rugby union e presenta somiglianze col calcio gaelico, anche se esso fu codificato più tardi."

martedì 9 luglio 2013

Il problema Spinoza



La lettura diventa speciale quando ha un valore aggiunto, ne sono sempre più convinto.
E allora ecco: un interesse quasi innato per la storia che si dipana tra i due conflitti mondiali, l’attenzione a questioni, in senso lato, filosofiche, "confinanti" con l’etica, legate a questo periodo (un’attenzione in merito coltivata soprattutto leggendo con passione Primo Levi e Hans Hellmut Kirst), il fatto di aver visitato Amsterdam nel 2011 (circostanza che - scusate se è poco - ha fatto scaturire la scintilla di questo blog -> leggere 'First Contact' nella cronologia), il consiglio di una persona fidata (grazie :-) Cristina) mi hanno portato fino a IRVIN D. YALOM, Il problema Spinoza. Da qualche anno non leggevo un libro così…

Parto da questa immagine (di proprietà dell’Holocaust memorial Museum Americano), nella quale i prigionieri di guerra tedeschi guardano increduli e attoniti le immagini di ciò che più di disumano il Nazismo abbia prodotto.




Ma cosa c’entra Spinoza col Nazismo? Ai lettori più curiosi il compito di scoprirlo.

E intanto vi basti sapere che si tratta di un romanzo di un autore competente e intrigante (lo psichiatra Irvin D. Yalom), che ritorna - per così dire - sul luogo del delitto, visto che già si era cimentato, non senza successo, con Nietzche e Schopenhauer.



Spulciando e riducendo dal sito web di aNobii:

Estonia, 1910. Il diciassettenne Alfred Rosenberg riceve una singolare punizione: imparare a memoria alcuni passi dell'autobiografia di Goethe, il poeta che l'adolescente dichiara di venerare come emblema stesso del popolo tedesco. In particolare si tratta dei brani in cui l'autore del Faust si dichiara fervente ammiratore di Baruch Spinoza, il grande filosofo ebreo del diciassettesimo secolo. 

La lettura insinua nella mente del giovane Rosenberg un tarlo che lo accompagnerà per il resto della vita: come può il sommo Goethe aver tratto ispirazione da un uomo di razza inferiore?

Amsterdam, 1656. Bento, in ebraico Baruch, Spinoza ha ventitré anni: la sua famiglia è di origine portoghese, sfuggita all'Inquisizione e riparatasi nella più tollerante Olanda. Ma il giovane pensatore viene scomunicato e costretto a condurre una vita solitaria e appartata, che lo porterà tuttavia a produrre opere sublimi per profondità e drammaticità. Opere che trecento anni dopo non smettono di tormentare, sotto forma di incessanti domande, l'«ariano» Rosenberg, divenuto uno dei fondatori del partito nazista e stretto collaboratore di Hitler.


L’autore, mescolando con grande competenza ricostruzione storica e finzione, ci fa viaggiare nel tempo (tra XVII e XX sec.) e nello spazio (tra Olanda e Germania), ma soprattutto dentro la mente di un giovane tedesco che invecchia maturando idee sempre più deliranti e insieme a un grande grandissimo pensatore: "Ah! Se tutti gli uomini fossero saggi e se, inoltre, volessero il bene la terra sarebbe per loro un paradiso mentre ora essa è per lo più un inferno."



Se anche a scuola si riuscisse a entrare dentro questi "problemi" con tale profondità, non sarebbe più un'ora di storia, filosofia, italiano quella da trascorrere... ma un'ora di grandi scoperte!

(Re)Post estivi: dal blog precedente...

Altissimo di Nago

Agli amici del Rifugio Damiano Chiesa (Altissimo di Nago)

Il Rifugio della Poesia

O Altissime Vette,
al Lago guardate in veste di nubi
o, con dorso sgombro, agli amanti,
solo i più fedeli, vi concedete.

A noi, scalatori di montagne
a noi, che giriamo trincee
con rocce, piante, bocche e valloni
teatrale naturale scenario.

E' il magico volo,
sognante, di Nago,
duemilasessanta gradini
per giungere là dove
Nessuno è straniero”.

Così, in meno di un minuto,
cerchiamo la pace di sempre.

Luca Guerreschi (Pedemonte, VR)





lunedì 24 giugno 2013

FEBBRE AUSTRALIANA

Eh sì, oltre alle temibilissime febbri orientali, esiste anche la febbre… australiana.
Nella fattispecie si tratta della passione che quest’anno ho coltivato per il football australiano.
Qualcuno penserà ad una presa in giro (ma non il era football… americano), qualcun altro penserà ad Abner e Lothar Doubleday inventori – si fa per ridere - di quasi tutte le discipline, oppure ad uno di quegli strani mix di sport (stile “Giochi senza frontiere”, ma senza gli arbitri svizzeri Guido Olivieri e Gennaro Pancaldi) cari soprattutto agli elvetici, parodiati con successo sempre dalla Gialappa’s Band.
Beh, forse in tutto questo giocare qualcosa di vero c’è, tanto che i campioni in carica Orules 2012-2013 sono proprio i Lugano Bankers, sia nel torneo maschile sia in quello femminile.



In realtà si tratta di uno sport molto bello e molto duro che in Italia si gioca per pochi eletti (nel senso che è ancora in via di affermazione ed espansione) sia nella versione pro (A.F.L.) che "amatoriale" (Orules).
Chi lo volesse seguire in tv può scandagliare (specialmente il sabato mattina) la programmazione di Eurosport2, chi lo volesse seguire dal vivo il campionato tornerà a settembre con la coppa italo-svizzera.
Il Tubo permette però, come sempre, una presentazione immediata ed efficace



Vi risparmio, per chiudere, noiose dissertazioni sul regolamento o panegirici di circostanza: si tratta semplicemente di correre (tanto), calciare (tre sono le porte, larghe e belle alte, a disposizione), saltare, placcare (entro certi limiti), passare la palla... e fantasia!
Attenzione che la palla è ovale, per cui quando tocca terra non saprai mai dove andrà a finire, come del resto non deve mai finire mai la benzina… se vuoi stare in campo (in uno di meno i Verona Wolverines hanno disputato la loro migliore tappa di campionato!).

Perché tutto questo? Beh, per il gusto non di vincere (meglio che non riporti gli scores del mio primo campionato) ma di partecipare e di rimettermi in forma. Alla mia quasi veneranda età non è stato poco.


sabato 22 giugno 2013

Appendìce al (re)post - SherlockBBC

Ho rivisto in questi giorni A scandal in Belgravia la più bella - a mio avviso - tra le puntate (a parte il folgorante quarto d'ora iniziale della 2x03) dello Sherlock targato BBC.

Come non riproporre, estrapolandolo dalla puntata in questione, un ulteriore enigma che omaggia proprio il pensiero laterale?

Ci sono due uomini distanti circa 200 metri tra di loro: il primo è intento a riparare l'auto in panne sul ciglio della strada; il secondo sembra intento ad osservare il cielo sul ciglio di un piccolo rivo d'acqua.
Finalmente il primo uomo sembra venire a capo del guasto e prova a riavviare il motore, lanciando uno sguardo soddisfatto verso l'uomo del ruscello, che continua a osservare in alto. Ma un forte boato, proveniente dal tubo di scappamento, gli fa capire che il guasto è tutt'altro che risolto. A quel punto si gira subito verso l'uomo del ruscello e... lo vede sdraiato per terra... nonché, una volta raggiunto, lo troverà morto senza una apparente spiegazione.

lunedì 10 giugno 2013

Un (Re)Post per l'estate

Apro i post estivi (ri)pubblicando alcuni classici del PENSIERO LATERALE.
Per allungare il piacere di una serata in compagnia, a cena o davanti un gelato, o dove e quando lo vorrete voi...

NOTA A MARGINE: Li ho proposti quasi tutti ai miei alunni di prima media, i quali, non senza un pizzico di stupore e qualche piccolo aiutino (e vai coi diminutivi), li hanno brillantemente risolti (specialmente quegli alunni che a volte faticano nel ragionare...).
Come dire il pensiero laterale libera la mente e apre nuove strade. Attenti a non perdervi e contattatemi pure per le soluzioni se ne avrete bisogno.

DEDICA: a Faramir, doctor mirabilis


1. L'UOMO AL BAR
Un uomo entra in un bar e chiede al barista un bicchiere d'acqua. Il barman tira fuori una pistola e la punta verso l'uomo minacciando di sparare. L'uomo dice: “Grazie!”. E se ne va. Come si spiega?


2. NÉ VEDOVO NÉ DIVORZIATO
Un uomo sposa venti donne della sua città ma non viene accusato di poligamia. Come si spiega?


3. UNA CURIOSA ABITUDINE
Ogni mattina, un uomo esce dal suo appartamento, scende al piano terra con l’ascensore e si reca al lavoro. Ogni sera, nel rientrare a casa, risale con l’ascensore ma si ferma quasi puntualmente parecchi piani prima del suo, perché nella maggior parte dei casi, raggiunge il proprio appartamento tramite le scale. A ben vedere non è un inquilino qualunque. Chi è? Perché si comporta così?


4. SONO ROVINATO!!
C’è una persona con un piccolo fiasco in mano, in compagnia di altri amici che lo guardano con attenzione. Appena giunto presso un parco, si trova costretto a depositare il fiasco e non manca di esclamare: “Così mi sono rovinato!!”. Chi è? Perché afferma ciò?


5. UNA MORTE MISTERIOSA
n un luogo deserto viene ritrovato il cadavere di un uomo. E’ praticamente nudo e stringe tra le dita un piccolo stecchino. Cosa lo ha portato a morire così misteriosamente?


6. LA DONNA VELATA
Una giovane donna indossa un velo che le circonda il capo, nascondendo in parte le forme del suo viso, ma permettendole una buona visuale e una respirazione del tutto normale. All'improvviso due individui muscolosi la sollevano da terra e la gettano in una piscina. La donna non ha mai incontrato queste due persone e, pur sapendo nuotare perfettamente e non avendo impedimenti negli abiti, non riesce a salvarsi. Cosa è successo?


7. IL CADAVERE IN MEZZO ALLA FORESTA
In mezzo ad una grande foresta fu trovato il cadavere di un uomo completamente vestito da sub. Indossava la muta, la maschera, le pinne, le bombole dell'ossigeno e persino le zavorre. Il lago più vicino era distante 12 km e il mare distava 150 km. La foresta non era attraversata da alcuna strada e intorno all'uomo non c'era alcun mezzo di trasporto. Solo alberi bruciacchiati. Come si spiega?


8. UNA DECISIONE ESTREMA
Un uomo rientra a casa nel cuore della notte e prima di coricarsi decide di guardare il telegiornale. Venuto a sapere dal notiziario di un grave incidente, sale di corsa al piano di sopra, accende una luce e decide di suicidarsi. Chi è? Perché ha preso in pochi istanti una decisione così estrema?


9. ROMEO E GIULIETTA
In una stanza al quarto piano di un palazzo di dieci piani, chiusa a chiave dall'interno giacciono riversi in terra, morti, Romeo e Giulietta. La finestra è aperta, in terra spiccano una larga pozzanghera d'acqua e dei vetri rotti. Si sa con certezza che nessuno è entrato o uscito dalla stanza da almeno tre giorni. I due non presentano segni di violenza.


10. IL DESTINO A TAVOLA
Un uomo anziano, guidato dalla moglie, entra in un ristorante specializzato in carne di ogni tipo. Scelta una particolare pietanza (per rievocare un episodio decisivo della sua vita), afferma (mescolando stupore e rabbia): “Non sa di gabbiano!!”. E quasi subito si accascia, come tramortito. Cosa gli è capitato?

giovedì 2 maggio 2013

BATTESIMO CON IL VINO


Ogni anno che passa mi sento sempre più legato alla Valpolicella.
Tra ciliegi, muretti a secco e vigne ambientarsi non è poi così difficile.
Certamente questo paesaggio, così caratteristico, da anni non è più lo stesso e la probabilità che la cementificazione, industriale o civile che sia, avanzi sembra (quasi) inevitabile.

Intanto mi sono goduto il mio battesimo del vino presso le storiche cantine di Villa Santa Sofia di Pedemonte, molto generosamente invitato alla degustazione popolare 2013 di alcuni ‘recioti’, nell’ambito della festa dei vini classici.
 Nello sfogliare di nuovo le foto di una serata veramente amichevole e lieta, ringrazio il bravo e ospitale  fotografo per il gentile invito e per avermi fatto sentire un po’ più... figlio della Valpolicella… quando il vino fa sangue!














Pedemonte, Contea del Vino,
vive, profuma, s’inchina
ai piedi di una dorsale collina.
E il natìo spirito cittadino
ha qui trovato riparo sicuro,
per ripartire fiducioso
verso le sfide del futuro!

domenica 7 aprile 2013

SFOGLIANDO UN TRIFOGLIO

Titoli di testa: veNERDì 5 aprile 2013, in ordine di apparizione, superati brillantemente i problemi di parcheggio, si sono presentati all’ombra (non dello Scorpione!) del trifoglio, presso il Celtic Pub di via Santa Chiara a Verona, @JacopoPrisco @LucaGGi @faramir_73 @ilmojo.

Dopo il riscaldamento a base di birre e sidro, ci siamo aggiornati sul football australiano, la nuova passione che ci accomuna, che speriamo anche ci renda più atleti e meno sedentari.
Certo il tempo sfavorisce i nostri allenamenti, perciò attendiamo fiduciosi (?!) conferme dell’arrivo della primavera. A tal riguardo una doverosa citazione de “Il Corvo”


Abbiamo poi fatto il punto sul corso proposto dal Centro Audiovisivi di Verona sulla serialità televisiva: interessante e stimolante sicuramente!
E subito, non a caso abbiamo virato sulle Serie Tv on air, in particolare proponendo aggiornamenti e teorie su “Game of thrones”.
Dai telefilm ai film è solo questione di poche sillabe: e via allora con la filmografia Neil Marshall, in attesa dell’imminente uscita di altro genere di film, come quello su Hitchcock (da vedere, intanto, almeno il pilot di “Bates Motel” per non farsi mancare qualche brivido).
Ma la “regola”, o meglio il piacere, del veNERDì, per dirla con Goethe, è la divagazione, speriamo intelligente.
Perciò via con l’evento “Wrestlemania”, nonché la micro-analisi della relativa trentennale disciplina sportiva e non solo, che ha oltretutto ha favorito gli esordi giornalistici di Faramir.
In onore del Mojo e della sua Villafranca, ecco poi l’hockey su prato (con Villafranca, appunto, capitale europea) e l’hockey in linea, del quale in molti non conoscevamo l’esistenza.
Un breve riferimento alla Serie Tv “Black Mirror” ha preceduto il minuto di silenzio per la LucasArts che ha pensato di chiudere la Disney: no comment.
I pesci d’aprile di Google ci hanno ben presto rallegrato e risvegliato, come del resto l’arrivo al pub anche di Valerio.


Spazio poi a “The Dome” di Stephen King, alla riduzione televisiva in anteprima e ai racconti in genere di questo prolifico scrittore.
Il clou? Naturalmente… col Doctor Who… e il periodo delle medie! Ti ricordi di… purtroppo con qualche nota triste, visto che su questa terra siamo tutti solo di passaggio.
Meglio, perciò, tornare a fare il bilancio dei primi passi nello svizzero mondo del football australiano, rimembrando la nostra prima partita. La nostra prima volta!
A proposito di prime volte… Star Wars… in realtà Faramir ne ha visto un pezzetto con i figli…
Ma lui ha preferito parlarci delle foto di scena di Twin Peaks e delle sceneggiature di Andrew Niccol.
Lui, che è un po’ il nostro Mèntore, ci ha intrattenuto con le vicende di Dusan Davoli alias Khal Drogo

https://www.youtube.com/watch?v=9eJn9jHFrkg

Un saluto al nostro @lost_glorfindel al quale abbiamo dedicato la citazione sugli zombies e Tullio Avoledo, prima di prepararci per andarcene alla chetichella e a scaglioni, accompagnati dalla musica dei Genesis in sottofondo, ma non senza aver ancora parlato di Papa Francesco (i suoi Tweet sono disponibili anche in latino!), del Museo del Cinema presso la Mole Antonelliana di Torino, del software “Stellarium” per "cominciar a veder le stelle".

Via coi titoli di coda, ricordando che la consulenza informatica della serata è stata curata in modo particolare da Jacopo. Propongo, infine, che ogni volta il resoconto sia affidato a "una penna" diversa, per vivacizzare ancor di più la nostra allegra brigata.

lunedì 1 aprile 2013

GUERRA CINESE


Preparando la mia lezione di educazione linguistica per giovedì prossimo, è scattata la molla della scrittura. Tema: descrivere una situazione analoga a quella delle sfide de "I ragazzi della via Pàl".
Ho voluto provarci anch'io, visto che quei tempi si allontanano sempre di più, ma non nei ricordi, per fortuna.

per saperne di più...

“Agosta è un colonnello!”.
Sotto qualche capello bianco, ancora riecheggia nella mia memoria l’urlo che i giudici di gara lanciavano a squarciagola nel parco di villa Lebrecht a San Floriano, durante le nostre lunghe estati spensierate, che in quel lontano giorno di luglio ci vedevano in trasferta in Valpolicella con i centri estivi del comune di Verona. Giugno nei saloni della parrocchia, luglio presso la scuola media, agosto al mare o in montagna: quelle sì che erano Vacanze!

Davide Agosta è stato fino all’età di dieci anni, insomma fino alla quinta elementare, uno dei miei migliori amici. Tutto il giorno insieme: a scuola, a catechismo, in cortile, davanti alla tv (come non ricordare la semifinale mondiale dell’82 e l’infinita passeggiata nel centro storico di Verona dopo la vittoria al Santiago Bernabeu) e qualche rara volta si cenava pure alla stessa tavola. Davide era il classico ragazzino snello e atletico, bravo a giocare a calcio grazie al suo delicato tocco mancino, simpatico a tutti, maschi e femmine (il suo caschetto tendente al biondo contribuiva non poco a calamitare le compagne più o meno carine).
Durante le medie, finiti in classi diverse e cominciando a coltivare distinti interessi, le nostre strade si separarono. Il centro estivo era l’occasione per rivedersi e tornare a vivere le nostre sfide, alla fine delle quali spesso mi ritrovavo in una valle di lacrime per il mio eterno problema d’infanzia: accettare la sconfitta!
Quando partì l’urlo dalla collinetta in mezzo al parco, intorno al quale oggi passo di corsa nel disperato tentativo di recuperare la smagliante forma fisica di un tempo, la strategia fu subito ben chiara. Nella guerra cinese ognuno disponeva di un tesserino nel quale veniva indicato il suo grado gerarchico. Toccando il nemico si finiva nella zona franca, posta a metà strada tra le due basi avversarie, basi nelle quali veniva custodita la bandiera da difendere. I giudici operavano il confronto tra i due nemici e si tenevano il tesserino del perdente, minore di grado. In caso di corrispondenza il tesserino veniva restituito ad entrambi. Il colonnello Agosta era incappato in un tesserino spia: da quel momento avrebbe rappresentato un obiettivo importante. Davide militava nella squadra a me avversaria e, come l’unico generale rimasto sull’altro fronte, sarebbe stato meglio eliminarlo mandandogli contro una bomba. Attenzione però: il colonnello Agosta, non a caso, era sempre accompagnato e protetto da un soldato in grado di disinnescare la bomba.
Quel grido richiamò di nuovo in me il ricordo delle mie sfide con Davide, nelle quali troppo spesso avevo dovuto, mio malgrado, cedere. A parte che a me era toccato l’anonimo ruolo di sergente, in grado in effetti di sopravanzare il soldato semplice, ma anche se fossi stato una bomba avrei girato al largo.
In cuor mio avevo sempre avuto una grande considerazione di Davide e se la mia squadra avesse perso non ne avrei nuovamente fatto un dramma: ormai c’ero abituato…

giovedì 28 marzo 2013

(FUORI) SERIE TV 6


A Cristiano Dalpozzo il compito di aprire e chiudere le porte al (tanto atteso, almeno dal sottoscritto) corso di quest’anno sulla serialità televisiva: ci salutiamo quindi con l’ultima puntata, dedicata a ‘Boris, la fuoriserie italiana’. Fate buone visioni!



DALLE NOSTRE PARTI

La serialità televisiva italiana ha anche un volto dissacrante: gli occhi sono quelli del cuore e la troupe diretta da Francesco Pannofino, alias René, è chiamata a girare una soap.
Dal 2007, per ben tre stagioni e con film a completamento, Boris si è proposto come ‘back-stage serial’ (canale Fox Italia) per un pubblico smaliziato e quasi di nicchia, ma con un successo sempre più convincente.
‘Gli occhi del cuore’, inizialmente dall’esito incerto, convince sempre di più, fino alla serializzazione della serie (introduzione di una linea narrativa orizzontale, che va oltre il singolo episodio) con una concentrazione sempre maggiore, sia narrativa sia metanarrativa, su ciò che accade dietro ad una fiction (la nuova fiction ‘Medical Division’, tormentoni sempre più attenuati, maggiore presenza su set esterni).
Nel film addirittura si ambisce a sceneggiare e girare l’Italia contemporanea, quella denunciata ne ‘La Casta’ Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella.



FILM MUTO

Nelle sigle della serie, Elio e le Storie Tese, che già ci avevano illuminato su film muti e film c(i)echi, sono il tramite ideale di una geniale demenzialità.







L’ironicità delle tre sigle (con leggere differenze nell’arco del triennio) è molto evidente negli elementi ricorrenti che le costituiscono: catch-phrase (tormentone); ogni personaggio canta in sincrono versi precisi; nomi di presentazione non troppo connotati; aggiunta stagionale di nuovi personaggi.


COMEDIE HUMAINE

Lo sguardo deformato di una deformante fiction sa molto di ‘comédie humaine’, per dirla con canoni (letterari) ottocenteschi. Boris, il pesce del regista, vive sotto vetro, galleggiando, come i protagonisti, nello schermo televisivo. Boris è il simbolo del pubblico, il confidente muto, ed è un omaggio al tennista Boris Becker, così come il tennis sarà un tenue ma resistente filo rosso della serie.


LO STAGISTA

Alessandro, che focalizza più di tutti il punto di vista dello spettatore, è lo stagista, il ‘pesce fuor d’acqua’, catapultato in un mondo, quello della fiction, nel quale imperano cinismo, pressapochismo e molti altri dis-valori: un vero e proprio cult per gli addetti ai lavori della fiction e per chi lavora in una vera casa di produzione. Non a caso l’arco evolutivo del personaggio si piegherà decisamente in negativo, segnale preciso di chi, da puro, diventa infine corrotto e contaminato (anche sul piano personale verrà lasciato dalla fidanzata). Il set è sempre più spazio utopico ed Alessandro un appiglio a chi pone il suo sguardo a questo (poco raccomandabile) ambiente.


IL REGISTA

René (Francesco Pannofino) è portatore dell'ottica del disincanto. E' il regista rassegnato che trova conforto solo grazie al pesciolino Boris. Anch'egli è connotato da alcuni tormentoni... “Cagna!”.


L'ATTORE PROTAGONISTA

Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti) è portatore della caratteristica della superbia. Vanesio e bugiardo, sostenitore del metodo Stanislavskij, rifugge tutto ciò che è troppo italiano.


L'ATTRICE PROTAGONISTA

Nelle diverse stagioni ci ritroviamo in compagnia di Corinna (Carolina Crescentini), la lussuria, donna totalmente incapace; di Cristina (Eugenia Costantini), la svaporata, figlia di un uomo ricco e potente; di Karin 'le cosce' (Karin Proia), personaggio sensuale, donna rustica e volgare. Chiude la galleria, Fabiana (Angelica Leo), attrice capace, nel segreto quasi generale figlia di René.


L'ASSISTENTE ALLA REGIA

Arianna (Caterina Guzzanti) tiene sul set il filo ('nomen omen'). Responsabile di produzione, sembra vivere solo per il lavoro.


IL CAPO ELETTRICISTA

Biascica (Paolo Calabresi) è il braccio destro del direttore della fotografia. Brutale e volgare (connotato dalla geo-tipizzazione del 'romanaccio'), maltratta il suo assistente e vive crescenti dissidi interiori.


ALTRI PERSONAGGI

Lorenzo (Carlo Luca De Ruggieri), 'lo schiavo', simboleggia la sottomissione. La sua precisione lo porterà ad essere inviso un po' a tutti.
Il dottor Cane è il direttore di rete. Voce senza volto (almeno prima della fine della serie) persegue fini esclusivamente materialistici (economici, politici e sessuali).
Lopez (Antonio Catania) ha i tratti del doppiogiochista e dell'opportunista.
Itala (Roberta Fiorentini) è l'alcolizzata, l'unica vera donna docile, anche se tipizzata un po' troppo da 'casalinga di Voghera'.
Gloria è la truccatrice.
Gli sceneggiatori (Valerio Aprea, Massimo De Lorenzo e Andrea Sartoretti) sono perlopiù svogliati, pigri e interessati solo ai soldi: sono lo sguardo cinico sulla tv italiana.
Martellone è l'attore teatrale impegnato, che per trovare consenso diventa comico sboccato.
Glauco è il regista maestro di vita.
Mariano (Corrado Guzzanti) impersona l'attore psicopatico.
Nelle diverse stagioni sono presenti numerose guest star, sia in ruoli di fantasia, sia nei panni di loro stessi. Tra i più famosi: Roberto Herlitzka, Valentina Lodovini, Cecilia Dazzi, Sergio Fiorentini, Laura Morante, Sergio Brio, Paolo Sorrentino, Giorgio Tirabassi, Filippo Timi.


GLI ATTORI E LA RECITAZIONE

In Boris gli attori risultano tutti noti e più o meno affermati, ma il loro compito è quello di recitare da cani. Ma - si badi - solo il bravo attore sa recitare male in modo credibile. Da qui scaturisce una gustosissima parodia della cattiva recitazione, che si intreccia con la falsariga della caratterizzazione, prima da me sommariamente presentata, di varie tipologie umane.
La cura dei dettagli, il supporto prima citato di guest star nostrane, ci riporta nell'alveo della tradizionale e consolidata 'commedia all'italiana'.


I (NON) LUOGHI

Boris pullula di non luoghi: l'arena setting, lo spazio vetrato e cittadino del dottor Cane, con il cellulare di Lopez a far da ponte tra questi due 'spazi'.


SATIRA E TV

Boris è lo spaccato dell'Italia datata 2008-2010. I nani, le ballerine raccomandate, la politica ovunque imperante nella sua veste più bieca... il trionfo del QUALUNQUISMO (Cetto sta per nascere...).


LA STRUTTURA

E' molto interessante notare come la struttura di Boris sia variabile, come cambi nel corso delle sue stagioni. Come già riferito, dopo episodi che presentano a tratti una struttura vaga, passiamo ad una 'serializzazione della serie', ma sempre nel segno di una studiata assenza di metodo:
  • inserti visivi (flash-back e flash-forward);
  • 'running gag' senza effettivo sviluppo narrativo (tipico espediente della sit-com);
  • MacGuffin (il pretesto narrativo di hitchcockiana memoria), es. l'anello del conte.


LA MESSA IN SCENA

La regia (quella vera) si avvale del contributo di steady-cam, per un girato dinamico, avvolgente e ritmato.
La fotografia è ricca, il montaggio ben riuscito.
Il realismo della lingua si abbina ad una recitazione dai toni decisamente naturali.


METAFORE SULLA NEO-TV

E' VECCHIO, DECREPITO, E' STATO TEATRO DI IMMANI SOFFERENZE.
I PICCIONI VI DEFECANO, MA ALLA FINE LO GUARDANO TUTTI.
Il dottor Cane sul Colosseo

Al centro della riflessione di Boris c'è forse l'auto-referenzialità della cosiddetta neo-tv? Certamente!
Il passaggio epocale alle reti private di una gran fetta della tv italiana ha generato una fiction della quale parla QUESTA fiction. Tv di flusso (mescolamento di news, enterteinement, etc.)? Ridiamoci su, dai, mettendo in scena un certo pubblico e un certo tipo di fiction!
Il talento degli sceneggiatori italiani (e forse non solo italiani), che dà il meglio nei suoi toni realistici, nelle citazioni canzonatorie e poco riverenti (fino alla parodia di testi cinematografici e serie televisive internazionali arci-note), è in fondo soffocato dalla ghigliottina dell'audience e da ciò che la gente vuole.


L'UMORISMO

L'umorismo di Boris è generato da un giusto mix di comicità di situazione e di comicità verbale.
Altri codici a supporto sono:
  • i dialoghi brillanti;
  • l'inversione di situazioni (secondo lo schema introduzione-conferma-disattesa);
  • il tabù in chiave comica (circa i temi droga, sesso, raccomandazione, bestemmia, etc);
  • la contiguità (cfr. LA STRUTTURA) con la sit-com;
  • il realismo di una società riprodotta tramite il realismo dei set;
  • il tono amaro (cifra della commedia all'italiana), che all'occorrenza si consolida in riso amaro e rappresentazione del ridicolo legato al fallimento;
  • la 'procadenza' (altra cifra) di felliniana memoria, ovvero l'amore allegro per la decadenza.

In definitiva, per chiudere il cerchio, grazie all'umorismo Boris mette in scena in maniera poco italiana situazioni e personaggi molto italiani: una (fuori)serie, una galleria, di inconsapevoli perdenti!

SERIE TV 5: IL TELEFILM SONO IO


Eccoci alla penultima blog-dispensa, in veste volutamente ridotta, un po’ perché l’argomento di stasera è legato ad un telefilm tra i più amati da chi scrive (per cui mi sono dedicato molto all’ascolto e poco alla rielaborazione), un po’ perché il messaggio lanciato dalla serata (come da titolo da me proposto) è stato che la nuova serialità richiede un ruolo assolutamente attivo e collaborativo (nell’integrazione con la propria ‘enciclopedia’) da parte dello spettatore.

Un grazie a Paolo e Luana per la sentita compagnia.



IL NAUFRAGIO DELLA VITA

Lost. Scritta bianca semovente in campo nero. Un suono sempre più cigolante come sottofondo. Vi perdereste mai in un mondo così? Io l’ho fatto e ne sto ancora “pagando le conseguenze”…
Tanti anni fa, ancora adolescente, senza avere nemmeno la più pallida idea di chi fosse Borges, pur conoscendo molto all’ingrosso Shakespeare e pur già in parte consapevole dell’importanza dei Classici per la cultura moderna, sognavo di poter un giorno leggere un libro, vedere un film, insomma assistere ad uno spettacolo nel quale fosse possibile radunare in un'unica narrazione tutto ‘il meglio di’.
A diciott’anni, poi, dopo un esame di maturità non particolarmente brillante, immaginavo già di tornare indietro nel tempo a riempire qualche buco, sia di studio sia di vita personale, per rimediare a quanto di lost e di looser mi ero lasciato alle spalle.
Ne è passata di acqua sotto ai ponti, ma poi ci hanno pensato i veri creativi, i geni dello script (tra i quali J.J. Abrams è più che un astro nascente), a sviluppare una semplice ma fondamentale intuizione... La storia più bella da scrivere? La nostra! Quella che intessiamo ogni giorno, a partire dalle nostre percezioni, razionali o meno che siano. La vita diventa ciò che col ‘pensier mi fingo’, per cui ‘il naufragar m’è dolce in questo mar’.
E poco male se J.J. Abrams non è riuscito a completare le sette stagioni, per chiudere il suo cerchio magico del ‘tre più quattro', o se molti fan hanno rivolto il pollice verso terra (la vittoria dell’anti-Fonzie) alla visione della doppia puntata finale.
E allora sotto con il mondo di Lost, che stasera il nostro relatore Mariano Diotto (certamente tradendo le mie lostalgiche attese, ma non lasciando malcontento nessuno) ha affrontato da un punto di vista prevalentemente tecnico-comunicativo.


L’IO EPICO

Con sedici protagonisti – vi parrà impossibile – il protagonista principale diventa il diciassettesimo. Il diciassettesimo – non prendetevela con la Cabala – siete voi!
In Lost la focalizzazione del racconto viene scientemente offerta allo spettatore, che pazientemente e amorevolmente, imparerà quasi da subito a teorizzarne e condividerne la filosofia.



L’occhio di Jack Shepard si (ri)apre, ma la visione diventa ben presto soggettiva; inoltre misteri e tessere da ricomporre faranno subito la loro comparsa (il cane Vincent, una scarpa da tennis, qualcosa di oscuro) e non solo nella prima puntata.
L’io epico si immerge nella narrazione, ma sempre nell’ottica dello straniamento, tecnica narrativa che ci chiama in causa non più come meri spettatori, ma quali ricercatori della nostra chiave di lettura.
Perdersi in Lost è quindi esattamente la prospettiva voluta, sempre che siate dei candidati pronti ad accettare le regole e a mettervi in gioco.
Anch’io l’ho fatto, insieme ad altri amici, ed oltre al mondo più o meno Vintage della Dharma, ecco il moltiplicarsi per me di serate al pub, cene a tema, gruppi di ascolto, una volata al Telefilm Festival e un blog cooperativo.


CHE MONDO SAREBBE… SENZA LOST

Creare molteplici mondi dalla natura più svariata (possibili, impossibili, inconcepibili), connotarli attraverso precisi paratesti e codici comunicativi non è stata una scelta da poco.
Il principio è quello della disseminazione di elementi, via via più complessi e ingarbugliati, fino ad operare su almeno quattro/cinque livelli narrativi, livelli che poi ognuno riassemblerà personalmente, inserendoli nel proprio orizzonte di attesa (almeno fino a che il cielo non diventi viola… da lì, in poi – lo confesso – ci ho praticamente rinunciato).
Le diverse modalità e il dosaggio nell’usufruire di questo prodotto televisivo hanno poi da sempre fatto la differenza, in modo oltretutto nemmeno tanto velatamente nascosto.


TECNICISMI

*(Destare) MERAVIGLIA: è la cifra della narrazione. Stupire e intrattenere in modo intelligente è la strada maestra almeno fin dai tempi di Omero, che da bravo "sceneggiatore" preferiva non giocare subito le sue carte narrative migliori ed era solito scandire le sue opere in ventiquattro “libri”, forse presagendo la durata standard di una moderna stagione televisiva.

*(il particolare) CONTESTO: scardinare il ritmo e l’andamento tradizionale della narrazione è uno dei grandi risultati di Lost… 'Picture a large, large box!’.

*IDENTIFICAZIONE/EMULAZIONE (con i personaggi): io volevo essere Desmond David Hume… l’ho deciso durante il finale della seconda stagione. Obama, non lo so. E voi?

*MANIPOLARE (e rendere comunicativi i segni): vi rimando alla lettura dell’ultimo paragrafo, per non ripetermi.

*LINGUAGGIO ICONICO: stilizzare è un modo efficace di rappresentare la realtà. Lo sanno i grandi, lo fanno spontaneamente i bambini. Le situazioni stilizzate in Lost ci sono quasi da subito ben familiari.

*SEGNI INDICALI: la vicinanza, il richiamarsi dei vari segni moltiplicano l’efficacia della comunicazione. Lost sfonda questo orizzonte fino ai limiti estremi della metanarrazione.

*SEGNI SIMBOLICI: la metaforicità di Lost diventa con il passare delle stagioni sempre più strabiliante, come del resto lo è il numero delle teorie che i fan più o meno sfegatati sono riusciti ad elaborare proprio a partire dall’alto livello di connessioni possibili.

*CULTURE TESTUALIZZATE E CULTURE GRAMMATICALIZZATE: qual è il vostro orizzonte comunicativo? Siete più uomini di scienza o uomini di fede?

Like John Loche?




Like Jack Shepard?



SEGNATI DA LOST

In definitiva, i segni comunicativi in Lost sono proposti come messaggio e ricerca di senso da completare, possibilmente in modo comunitario, sia all’interno della storia, durante il suo svolgimento (intreccio), sia all’esterno, nella sua ricezione, per spingersi - lo ribadisco - fino al limite della metanarrazione, uno dei grandi orizzonti e dei principali grimaldelli con il quale abbiamo un po’ tutti cercato di scardinare la Serie e di risalire non solo alla sorgente dell’Isola ma anche alle fonti della... Lostpedia.
Certo, forse nessuno di noi comuni mortali è mai entrato nella stanza dei bottoni o ha fatto parte del writing staff. Ma il nostro stimato relatore, che ha avuto modo di intervistare J.J. Abrams, ci ha lasciato ricordandoci la bellezza dell’essere divenuti (anche grazie alla svolta di Lost!) degli spettatori sempre più accorti e partecipi, pronti ad apprezzare ciò che (tutta) la nuova serialità ci propone.