Santa Maria in Valena (Valpolicella, VR)

lunedì 20 gennaio 2014

[RePost]: Binari

già pubblicato su Posterous, May 5 2012, 10:15 AM by Luca Guerreschi


[ dedicato a tutti gli amici del #veNERDì ]


Di sera la città era particolarmente luminosa. Nonostante questo, le strade del quartiere si presentavano quasi sempre deserte. La maggior parte degli abitanti di Trastevere preferiva, dopo aver abbondantemente cenato, rimanere nelle proprie umili dimore, forse a bere un altro bicchiere o magari a fumare, di sicuro a conversare in famiglia; o al limite, i meno pantofolai – il che è tutto dire - amavano ritrovarsi in qualche locale maleodorante e possibilmente poco illuminato. Le passeggiate erano attività da signori, da benestanti. Robe da ricchi.

Ma il fumo era pur sempre fumo e Giuseppe quella sera aveva finito le sue sigarette. Fu così che salutò la moglie e uscì dalla porta, sogghignando al ricordo di tutte quelle ridicole dicerie che avevano reso leggendario, se non mitico, l'abbandono del tetto coniugale da parte dei mariti fumatori. Eh sì, dopo una giornata di duro lavoro, tra i figli dei figli che, benché quasi maggiorenni, piangono perché vogliono libertà e soldi per andare a spassarsela e la fidata moglie che, pur amorevole, dà – ahimè – la sensazione di brontolare per almeno un'altra oretta, come si fa negarsi una sigaretta? Una sigaretta non la si nega a nessuno, nemmeno al peggiore dei criminali. Raggiungere l'amico Mattia gli avrebbe permesso di rimediare a questo inconveniente e magari di rilanciare con una capatina ai “Tre Orsi”, così tanto per gradire: quella sera alla radio avrebbero trasmesso la finale di pugilato. La diretta tv era riservata ad altri sport.

Se solo non avesse “cominciato a fumare” quella sera di luglio di tanti anni prima...


[ voce alla radio ]: «Oggi, 12 luglio 1950, Tiberio Mitri, “la Tigre di Trieste” sfida “il Toro del Bronx” Jack La Motta, in un incontro valido per il titolo mondiale dei pesi medi. Signori miei, la Tigre contro il To...»


Improvvisamente per Giuseppe i ricordi si fecero confusi e ricomparve in lui quella strana sensazione. Tutto ciò che era appuntito sembrava penetrargli la retina; i suoni raggiungevano ovattati le sue orecchie, quasi dando la sensazione che qualcosa nella sua testa si stesse spegnendo.


[ dall'autobiografia di Tiberio Mitri ]: «C’era fumo, faceva caldo. Chissà se potevo rovesciare tutto. Ci provavo. Tentavo. Senza armi contro il Toro. Nella mischia senza risparmio, incassavo, colpivo. L’ho cercato e voluto io questo incontro e adesso vado fino in fondo …»


Giuseppe provò a reagire a quella sensazione di stordimento. Mattia gli avrebbe presto aperto la porta di casa, se solo fosse riuscito a percorrere il mezzo isolato che ancora mancava.


[ voce alla radio ]: «Mitri perde molto sangue dal sopracciglio sinistro, barcolla irreparabilmente, ma sembra resistere in modo eroico agli attacchi del Toro del Bronx, ai suoi colpi duri come pietre. Riuscirà ad evitare il K.O.?! Mancano solo due ...»


Il risveglio all'ospedale non fu dei migliori. Mattia aveva vegliato tutta la notte, dopo averlo soccorso. Giuseppe fu stupito, ma non più di tanto, di non vedere Elsa accanto a lui. Stava sicuramente preparando la colazione per i nipoti, prima che andassero scuola. Se non ci fosse stata Elsa ...


[ Il Messaggero, 13 luglio 1950 ]: «Accecato dalla gelosia per il comportamento disinibito della moglie alla disperata ricerca di un contratto cinematografico a Hollywood, il pugile Tiberio Mitri avrebbe affrontato La Motta distratto e nervoso.»


Era stato un febbraio freddo. Elsa lo aveva sempre aiutato a superare i momenti più difficili della sua vita. Ma adesso che, alle soglie della pensione, lei non gli era accanto in questo ulteriore momento di prova, il suo senso di smarrimento sembrò improvvisamente trasformarsi in qualcosa di terrificante.


[ dall'autobiografia di Tiberio Mitri ]: «Molti avevano trovato scuse per le mie sconfitte incolpando situazioni e persone vicine a me, ma io no. Mai. Bisogna essere onesti con se stessi. Me stesso. Non ce l’avevo fatta a superare ostacoli più grossi».


Un brivido gli corse lungo il braccio destro, risalendo fino alle spalle. Poi, finalmente, Giuseppe si addormentò profondamente, e non a tratti, come lungo tutta quell'infernale nottata... Il tifo era indiavolato e lo zio Franco non si era accorto di quanto abilmente lui gli avesse sottratto l'ultima sigaretta ... Eh sì che lo zio era stato molto chiaro su quella faccenda del fumo ... Al risveglio, non ci fu più bisogno dei sedativi; quella strana sensazione non ricomparve più, almeno per qualche giorno.


La prima volta a nove anni fu terribile. Lo zolfanello gli sfuggì di mano, subito dopo aver preso fuoco: la capocciata rimediata sotto la tavola dell'osteria fu memorabile. Del resto fu l'ultima volta che vide zio Franco, anche se qualche anno dopo ebbe modo di visitare la cella che aRegina Coeli era stata del fratello di mamma. L'irruzione della polizia, quella sera, fece piazza pulita di molti dei delinquenti tra i più scatenati della zona.


Nel 1954 il boxeur divorziò da Fulvia Franco e nel maggio dello stesso anno riconquistò il titolo europeo in maniera rocambolesca, stendendo dopo pochi secondi con un poderoso sinistro l’inglese Randolph Turpin (uno dei pochi pugili ed essere riuscito a battere “Sua Maestà”, Ray Sugar Robinson).
Ma furono soltanto gli ultimi fuochi di una gloriosa carriera.
Mitri non riuscì mai più a tornare il campione invincibile dei tempi d’oro. Appese definitivamente i guantoni al chiodo nel 1957 con un score di tutto rispetto: 101 incontri disputati con 88 vittorie, 7 pareggi e solo 6 sconfitte.
Ancora giovane e famoso, sfruttò la sua notorietà tentando di riciclarsi nel cinema e nei varietà televisivi. Recitò ne “I soliti ignoti” con Totò e ne “La grande guerra” al fianco di Vittorio Gassman e Alberto Sordi. Ma dal 1975 in poi anche la sua avventura come attore terminò quasi del tutto. Le foto in posa da boxeur sbiadirono, i soldi terminarono, la gloria svanì.

[ Almanacco del Pugilato ]: Poco prima di morire, un cronista gli chiese di parlargli dell’incontro di New York. Il vecchio Tiberio, con la mente ormai offuscata dagli anni e dalle botte, rispose sorpreso: «Jake La Motta? Questo nome non mi dice niente.»


Alle sette del mattino del 12 febbraio del 2001, sarebbe cominciato per Giuseppino Canapone l'ultimo giorno di lavoro su quella linea così trafficata.

Alle sette del mattino del 12 febbraio del 2001, il treno Roma-Civitavecchia travolse all’altezza di Porta Maggiore un uomo dall’aspetto trasandato, di circa settant’anni, pantaloni grigi, camicia bianca e un cappello beige. Già sfigurato prima dell'impatto, il volto di quell'uomo, visto camminare in stato confusionale lungo i binari, ai suoi primi soccorritori non disse niente. Il cadavere giunse verso mezzogiorno all’obitorio di Roma, dove gli venne applicato un cartellino con la scritta “sconosciuto”.

Giuseppe era sempre il primo ad accorrere sui binari nei casi di emergenza. Invece trascorse quella mattina in un anonimo letto d'ospedale, senza dire niente. Nulla lo sembrava sfiorare. Quando si svegliò nel pomeriggio, gli infermieri stavano discutendo di un film visto la sera precedente, nel quale quell'attore famoso tanto caro a Scorsese era stato capace di incredibili trasformazioni. Dal canto suo Giuseppe, pensò di continuare a preferire la radio. Quando la accese, il radiogiornale delle 17.30 stava finendo di comunicare che un'ordinanza del Ministero della Sanità aveva intensificato su tutto il territorio nazionale la sorveglianza della malattia di Creutzfeldt-Jakob, patologia meglio nota come “morbo della Mucca Pazza”.



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