Santa Maria in Valena (Valpolicella, VR)

sabato 22 novembre 2014

ANDIAMO AL CINEMA - Il giovane favoloso

A volte ci penso. Ho più anni di Leopardi.
Te lo dico, cara Antonella, che mi hai fatto voglia con la tua legittima curiosità di scrivere questo pezzo.
"semel tutor semper tutor" (anche perchè a ben vedere l'altra tutor sarebbe RF...)


un quarantaduenne a volte un po' ingobbito VS uno strepitoso Elio Germano

Giacomo Leopardi morì a Napoli a trentotto anni e dopo la sua morte il mondo rimase lo stesso, o al limite peggiorò, dato che le sue sorti, come puntualmente pronosticato, non si rivelarono poi così magnifiche e progressive. Ciò che cambiò per sempre, invece, fu la poesia italiana.


Era dai tempi di Petrarca che il racconto di sè sottoforma letteraria non raggiungeva una certa eccellenza. Dante era stato passionale (oltre a portarsi addosso la condanna cinquecentesca di non possedere  uno stile esemplare, "onta" non poi così negativa a ben vedere se poi il padre della lingua italiana sarebbe diventato, e rimasto, lui); Boccaccio (scusate la tautologia) era stato boccaccesco. E poi? Dopo la grande triade, il diluvio! Il diluvio sotto il quale sembrava per sempre essersi chiusa la classifica per il primato letterario: Tasso era stato vittima della stessa follia dell'Orlando ariostesco; Galilei aveva abiurato ed era rimasto imprigionato nel suo celeberrimo "Eppur si move" (la sua fondamentale prosa scientifica non gli ha nemmeno assicurato un risarcimento di stima, in quanto ancora oggi non è tanto apprezzata e forse nemmeno poi così tanto studiata); Alfieri finiva sempre per suicidarsi o rimanere legato ad una sedia. Finché non è arrivato l'uomo di Recanati, quello che grazie alla Scuola tutti conoscono.

Orbene, la scuola almeno un merito ce l'ha!

Il merito di aver reso il Nostro Giacomo il principe della poesia italiana (anche più degli altri candidati all'X Factor della poesia, ovvero la seconda triade Pascoli, Carducci, D'Annunzio o i decisamente più contemporanei Montale, Caproni, Luzi, Zanzotto).
Ma non troppo, credo. Ahimè... ahinoi... mi riferisco ai tanti demeriti! E sono quasi certo (ma ditemelo voi, voi che qualche volta avete la pazienza e la bontà di leggermi) che nel film di Martone la scena del Nostro che sembra essersi recato (in cerca di dolce compagnia) in una sorta di privèe dantan (o antelitteram se preferite, e con tanto di cilecca), veda nei bambini spioni e "burlieri" verso il Giacomo Nazionale simboleggiata la pratica di insegnamento a cui è stato soggetto Giacomo stesso nella nostra scuola (s minuscola 'sto giro): Leopardi il gobbo, Leopardi incapace con le donne, Leopardi sfigato. Insomma, Leopardi da ammirare ma anche da deridere...


L'io letterario, che in Petrarca era sostanzialmente emblematico, con Leopardi Giacomo Taldegardo da Recanati si era fatto improvvisamente assai più filosofico e addirittura spietatamente ironico. Insomma, era nata in tutto e per tutto la cultura moderna, quella di un sublime in cui l'io sprofonda ancora, magari nell'infinito o nella luna o nel ricordo di Saffo...



... ma allo stesso tempo sa innalzarsi alle vette e resistere alle avversità, alla sventura, alla vita stessa. Il tutto al grado massimo! 


Come una ginestra!!

Ed ecco arrivare un film fresco e "filologicamente" (quanto sarebbe piaciuto questo avverbio al nostro Leopardi della fase "sudata") aggiornato, cioè una pellicola nella quale i dialoghi non sono mai troppo invadenti o sono magari felicemente trasportati in blocco direttamente dalla lirica originale leopardiana: si fanno parlare le inquadrature, siamo messi in subbuglio continuo dalla colonna sonora.
Dai giochi con lo spadino, alle disfide stile quiz, ai ritratti tirannico/anche-faceto paterno e dispotico/anafettivo materno, alle vicini filatrici, alle filate goffe da Recanati, ai mèntori vari, tutto torna, come nella stessa letctio sotto i baffi che ai tempi della mia università il professore, saggista e montaliano, Gilberto Lonardi propose ai corsisti di Verona (proprio a partire dalla rilettura dell'Epistolario, rilettura che ovviamente agli interessati consiglio). Sono le lettere (insomma dovete ripassarvi la biografia di Leopardi) la conditio sine qua non per gustare e "aggredire" a pieno il film di Martone, e non rimanere impreparati alla (ri)comparsa di Giordani o di Viesseux, del venditore di almanacchi o dei giocatori di pallone (a proposito, secondo me, lassù da qualche parte, Gianni Brera ringrazia). Vi ricordate chi vince tra i topi e le rane? Io no.






Tutto torna chiaro, chiaro e azzurro come il vestito e il mare di Napoli, città nella quale è annegata la vita del Nostro più grande poeta, poeta del quale, nonostante tutto (specie gli stereotipi) e nonostante tutti (i detrattori di una poesia che guarda in faccia, ma anche attraverso, la realtà), nessuno è mai riuscito ad annacquare la lirica e il pensiero.

A volte ci penso. Ho più anni di Leopardi, ma non sono ancora lontanamente riuscito a trovare la stessa forza di guardarmi intorno con la stessa lucidità. 

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