A Cristiano Dalpozzo il compito di aprire e chiudere le porte al (tanto atteso, almeno dal sottoscritto) corso di quest’anno sulla serialità televisiva: ci salutiamo quindi con l’ultima puntata, dedicata a ‘Boris, la fuoriserie italiana’. Fate buone visioni!
DALLE NOSTRE PARTI
La serialità televisiva italiana ha anche un volto dissacrante: gli occhi sono quelli del cuore e la troupe diretta da Francesco Pannofino, alias René, è chiamata a girare una soap.
Dal 2007, per ben tre stagioni e con
film a completamento, Boris si è proposto come ‘back-stage serial’
(canale Fox Italia) per un pubblico smaliziato e quasi di nicchia,
ma con un successo sempre più convincente.
‘Gli occhi del cuore’, inizialmente
dall’esito incerto, convince sempre di più, fino alla
serializzazione della serie (introduzione di una linea narrativa
orizzontale, che va oltre il singolo episodio) con una concentrazione
sempre maggiore, sia narrativa sia metanarrativa, su ciò che accade
dietro ad una fiction (la nuova fiction ‘Medical Division’,
tormentoni sempre più attenuati, maggiore presenza su set esterni).
Nel film addirittura si ambisce a
sceneggiare e girare l’Italia contemporanea, quella denunciata ne
‘La Casta’ Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella.
FILM MUTO
Nelle sigle della serie, Elio e le
Storie Tese, che già ci avevano illuminato su film muti e film
c(i)echi, sono il tramite ideale di una geniale demenzialità.
L’ironicità delle tre sigle (con
leggere differenze nell’arco del triennio) è molto evidente negli
elementi ricorrenti che le costituiscono: catch-phrase (tormentone);
ogni personaggio canta in sincrono versi precisi; nomi di
presentazione non troppo connotati; aggiunta stagionale di nuovi
personaggi.
COMEDIE HUMAINE
Lo sguardo deformato di una deformante fiction sa molto di ‘comédie humaine’, per dirla con canoni (letterari) ottocenteschi. Boris, il pesce del regista, vive sotto vetro, galleggiando, come i protagonisti, nello schermo televisivo. Boris è il simbolo del pubblico, il confidente muto, ed è un omaggio al tennista Boris Becker, così come il tennis sarà un tenue ma resistente filo rosso della serie.
LO STAGISTA
Alessandro, che focalizza più di tutti il punto di vista dello spettatore, è lo stagista, il ‘pesce fuor d’acqua’, catapultato in un mondo, quello della fiction, nel quale imperano cinismo, pressapochismo e molti altri dis-valori: un vero e proprio cult per gli addetti ai lavori della fiction e per chi lavora in una vera casa di produzione. Non a caso l’arco evolutivo del personaggio si piegherà decisamente in negativo, segnale preciso di chi, da puro, diventa infine corrotto e contaminato (anche sul piano personale verrà lasciato dalla fidanzata). Il set è sempre più spazio utopico ed Alessandro un appiglio a chi pone il suo sguardo a questo (poco raccomandabile) ambiente.
IL REGISTA
René (Francesco Pannofino) è portatore dell'ottica del disincanto. E' il regista rassegnato che trova conforto solo grazie al pesciolino Boris. Anch'egli è connotato da alcuni tormentoni... “Cagna!”.
L'ATTORE PROTAGONISTA
Stanis La Rochelle (Pietro Sermonti) è portatore della caratteristica della superbia. Vanesio e bugiardo, sostenitore del metodo Stanislavskij, rifugge tutto ciò che è troppo italiano.
L'ATTRICE PROTAGONISTA
Nelle diverse stagioni ci ritroviamo in compagnia di Corinna (Carolina Crescentini), la lussuria, donna totalmente incapace; di Cristina (Eugenia Costantini), la svaporata, figlia di un uomo ricco e potente; di Karin 'le cosce' (Karin Proia), personaggio sensuale, donna rustica e volgare. Chiude la galleria, Fabiana (Angelica Leo), attrice capace, nel segreto quasi generale figlia di René.
L'ASSISTENTE ALLA REGIA
Arianna (Caterina Guzzanti) tiene sul set il filo ('nomen omen'). Responsabile di produzione, sembra vivere solo per il lavoro.
IL CAPO ELETTRICISTA
Biascica (Paolo Calabresi) è il braccio destro del direttore della fotografia. Brutale e volgare (connotato dalla geo-tipizzazione del 'romanaccio'), maltratta il suo assistente e vive crescenti dissidi interiori.
ALTRI PERSONAGGI
Lorenzo (Carlo Luca De Ruggieri), 'lo schiavo', simboleggia la sottomissione. La sua precisione lo porterà ad essere inviso un po' a tutti.
Il dottor Cane è il direttore di
rete. Voce senza volto (almeno prima della fine della serie) persegue
fini esclusivamente materialistici (economici, politici e sessuali).
Lopez (Antonio Catania) ha i tratti del
doppiogiochista e dell'opportunista.
Itala (Roberta Fiorentini) è
l'alcolizzata, l'unica vera donna docile, anche se tipizzata un po'
troppo da 'casalinga di Voghera'.
Gloria è la truccatrice.
Gli sceneggiatori (Valerio Aprea,
Massimo De Lorenzo e Andrea Sartoretti) sono perlopiù svogliati,
pigri e interessati solo ai soldi: sono lo sguardo cinico sulla tv
italiana.
Martellone è l'attore teatrale
impegnato, che per trovare consenso diventa comico sboccato.
Glauco è il regista maestro di vita.
Mariano (Corrado Guzzanti) impersona
l'attore psicopatico.
Nelle diverse stagioni sono presenti
numerose guest star, sia in ruoli di fantasia, sia nei panni
di loro stessi. Tra i più famosi: Roberto Herlitzka, Valentina
Lodovini, Cecilia Dazzi, Sergio Fiorentini, Laura Morante, Sergio
Brio, Paolo Sorrentino, Giorgio Tirabassi, Filippo Timi.
GLI ATTORI E LA RECITAZIONE
In Boris gli attori risultano tutti noti e più o meno affermati, ma il loro compito è quello di recitare da cani. Ma - si badi - solo il bravo attore sa recitare male in modo credibile. Da qui scaturisce una gustosissima parodia della cattiva recitazione, che si intreccia con la falsariga della caratterizzazione, prima da me sommariamente presentata, di varie tipologie umane.
La cura dei dettagli, il supporto prima
citato di guest star nostrane, ci riporta nell'alveo della
tradizionale e consolidata 'commedia all'italiana'.
I (NON) LUOGHI
Boris pullula di non luoghi: l'arena setting, lo spazio vetrato e cittadino del dottor Cane, con il cellulare di Lopez a far da ponte tra questi due 'spazi'.
SATIRA E TV
Boris è lo spaccato dell'Italia datata 2008-2010. I nani, le ballerine raccomandate, la politica ovunque imperante nella sua veste più bieca... il trionfo del QUALUNQUISMO (Cetto sta per nascere...).
LA STRUTTURA
E' molto interessante notare come la struttura di Boris sia variabile, come cambi nel corso delle sue stagioni. Come già riferito, dopo episodi che presentano a tratti una struttura vaga, passiamo ad una 'serializzazione della serie', ma sempre nel segno di una studiata assenza di metodo:
- inserti visivi (flash-back e flash-forward);
- 'running gag' senza effettivo sviluppo narrativo (tipico espediente della sit-com);
- MacGuffin (il pretesto narrativo di hitchcockiana memoria), es. l'anello del conte.
LA MESSA IN SCENA
La regia (quella vera) si avvale del contributo di steady-cam, per un girato dinamico, avvolgente e ritmato.
La fotografia è ricca, il montaggio
ben riuscito.
Il realismo della lingua si abbina ad
una recitazione dai toni decisamente naturali.
METAFORE SULLA NEO-TV
E' VECCHIO, DECREPITO, E' STATO TEATRO DI IMMANI SOFFERENZE.
I PICCIONI VI DEFECANO, MA ALLA FINE LO
GUARDANO TUTTI.
Il dottor Cane sul Colosseo
Al centro della riflessione di Boris
c'è forse l'auto-referenzialità della cosiddetta neo-tv? Certamente!
Il passaggio epocale alle reti private
di una gran fetta della tv italiana ha generato una fiction della
quale parla QUESTA fiction. Tv di flusso (mescolamento di news,
enterteinement, etc.)? Ridiamoci su, dai, mettendo in scena un certo
pubblico e un certo tipo di fiction!
Il talento degli sceneggiatori italiani
(e forse non solo italiani), che dà il meglio nei suoi toni
realistici, nelle citazioni canzonatorie e poco riverenti (fino alla
parodia di testi cinematografici e serie televisive internazionali
arci-note), è in fondo soffocato dalla ghigliottina dell'audience e da ciò che la gente
vuole.
L'UMORISMO
L'umorismo di Boris è generato da un giusto mix di comicità di situazione e di comicità verbale.
Altri codici a supporto sono:
- i dialoghi brillanti;
- l'inversione di situazioni (secondo lo schema introduzione-conferma-disattesa);
- il tabù in chiave comica (circa i temi droga, sesso, raccomandazione, bestemmia, etc);
- la contiguità (cfr. LA STRUTTURA) con la sit-com;
- il realismo di una società riprodotta tramite il realismo dei set;
- il tono amaro (cifra della commedia all'italiana), che all'occorrenza si consolida in riso amaro e rappresentazione del ridicolo legato al fallimento;
- la 'procadenza' (altra cifra) di felliniana memoria, ovvero l'amore allegro per la decadenza.
In definitiva, per chiudere il cerchio, grazie all'umorismo Boris mette in scena in maniera poco italiana situazioni e personaggi molto italiani: una (fuori)serie, una galleria, di inconsapevoli perdenti!