ospito con gioia il report di Paolo aka Faramir sul recente veNERDì al Madigan's. Porte aperte a chi volesse intervenire la prossima volta. Via Twitter o tramite questo blog fate un fischio.
In un clima ancora estivo, si ritrovano al Madigan’s Pub i probi pionieri del #veNERDì (e questo
appellativo sarà chiaro leggendo fino in fondo il report della serata) Simone, Jacopo, LucaGGi, il Mojo e Faramir; grande assente Glorfindel, per motivi di salute,
sperabilmente ignoti ad un altro mutual
friend assente, che gli twittava pochi giorni fa un ‘sei vivo?’ alquanto
gufesco.
Ma i gufi non sono quello che
sembrano, sicché la serata è stata un po’ tutta all’insegna del ritorno di Twin Peaks, a cura dei suoi creatori
originali, David Lynch e Mark Frost, nel 2016 – per un sequel alle vicende
interrotte nel 1991 che rende a posteriori veritiera la promessa di Laura
Palmer, a Cooper nella Loggia Nera, che si sarebbero rivisti dopo 25 anni. Gli
effetti di una notizia del genere sul fandom universale sono stati devastanti:
nel suo piccolo, chi scrive ha perso istantaneamente interesse per molte delle
serie ripartite da poco (segnatamente Homeland, The Walking Dead, Person of Interest) e per quelle che lo faranno a breve (Game of Thrones su tutte), dichiarando
che per i prossimi due anni guarderà solo Twin Peaks, Fuoco Cammina con Me,
omaggi (il Wayward Pines di M. Night Shyamalan?), parodie
(la puntata Dual Spires di Psych), Missing Pieces, backstage, blooper, interviste, documentari e ogni cosa riguardi la cittadina
che tanto ha segnato l’immaginario di molti di noi. Nel 2015 uscirà anche un
romanzo di Mark Frost a raccontare cosa vi sia successo in questi cinque
lustri, ma nel frattempo c’è modo di studiarsi approfonditamente la faccenda, a
partire dall’ultimo libro su Twin Peaks pre-annuncio di Lynch: Reflections. An oral history of Twin Peaks,
di Brad Dukes.
Ma vale davvero la pena piantare tutto ciò che non è Twin
Peaks? I presenti giurano che Person of Interest meriti di essere comunque
seguita, e sicuramente la lunghezza mai eccessiva garantisce una maggiore
visibilità alle serie britanniche (tra le quali attendiamo le nuove stagioni
almeno di The Fall, Black Mirror e Sherlock). Utopia, peraltro,
non è stata rinnovata per una terza stagione, per il disappunto di molti. C’è
l’oggetto misterioso Intruders, con
protagonista John Simm, prodotta da BBC America e enigmatica tanto da essere
soporifera... e poi c’è Doctor Who,
che l’affetto più che l’interesse ci impone di seguire – per cercare di
abituarci al buon Peter Capaldi. Nel frattempo è uscito – in inglese, per ora –
il primo (e probabilmente unico) romanzo con protagonista il War Doctor
(altrimenti noto come Ottavo Dottore e Mezzo, con le fattezze di John Hurt), Engines of War, di George Mann,
racconto – pare notevolissimo – della Guerra del Tempo.
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Tornando dall’altra parte dell’Atlantico, e anzi portandoci
sul Pacifico, scopriamo che a fine ottobre debutta un nuovo spettacolo di
wrestling, Lucha Underground,
prodotto da El Rey Network di
Robert Rodriguez: la cosa interesserebbe solo quelli che coltivano il guilty pleasure della lotta libera
professionistica, non fosse che lo stesso network ha trasmesso la prima
stagione di From Dusk till Dawn.
Esatto, si tratta della serie televisiva basata sull’omonimo film di Rodriguez,
quello con George Clooney, Quentin Tarantino, Harvey Keitel, Juliette Lewis,
quello in cui... ma non possiamo spoilerare, perché c’è chi non l’ha visto.
Dieci episodi, e ci sarà una seconda stagione: forse un’eccezione qui si può
fare.
Intanto l’eccezione Faramir la farà senz’altro sulla seconda
stagione di The Leftovers, dopo che
la serie – basata su Svaniti nel nulla,
di Tom Perrotta, anche co-sceneggiatore – ha diviso profondamente il pubblico,
disorientandolo in modo magistrale. E’ proprio questa rappresentazione del
disorientamento che ne fa una serie epocale,
che giunge a parlare a un’umanità a sua volta disorientata e in disfacimento,
come è quella di Melancholia di Lars
Von Trier, sua controparte cinematografica. Come Lost è stata la manifestazione più compiuta dello zeitgeist post-9/11, introdotto al
cinema da Donnie Darko, forse The
Leftovers è una manifestazione matura dello zeitgeist
post-crisi, introdotto sul grande schermo proprio da Melancholia.
il discusso ma affermato regista Lars Von Trier
Abbandonando le teorie sui ‘grandi cicli’, tanto care a chi
redige questo resoconto, guardiamo più prosaicamente all’intensità e alla
bellezza di Margaret Qualley, che nel telefilm interpreta Jill Garvey, la
figlia dello sceriffo protagonista. Ebbene, costei è la figlia di Andie
MacDowell, paradigma di bellezza femminile per chi ha vissuto consapevolmente
gli Anni Ottanta, e che per noi nerd è soprattutto la co-protagonista di Ricomincio da capo, film
imprescindibile e spesso termine di paragone per molte altre narrazioni
paradossali. Come quella di Source Code,
interpretato da Jake Gyllenhaal, anche protagonista di Donnie Darko – e figlio
di quello Stephen che diresse uno degli ultimi episodi di Twin Peaks; o come
quella di Edge of Tomorrow, recente
prova sf di Tom Cruise; oppure – in qualche modo – come quella di Abre los ojos, di Alejandro Amenabar
(il cui remake, Vanilla Sky, sempre
con Cruise, ha l’unico merito di sfoggiare come protagonista Cameron Diaz). A
questo tipo di narrazione si lega L’alba
di Arcadia, di Emanuele Delmiglio,
autore ed editore veronese, per la prima volta alla prova del romanzo, dopo due
notevoli raccolte di racconti. Appena uscita, è una storia di fantascienza
ambientata a Verona (e già questo è qualcosa di originale) che si svolge su più
piani di realtà – reale e virtuale, ma chi può dire con certezza cosa è reale e
cosa non lo è? Rappresentante tardivo dello zeitgeist
pre-9/11, quello che al cinema era stato introdotto da Matrix, oppure qualcosa di completamente diverso? Basato sul dubbio
tra chi è vivo e chi è morto, come Il
Sesto Senso (sempre di Shyamalan) e The
Others (sempre di Amenabar) oppure qualcosa di ancora più sottile? Sicuramente
merita di essere letto fino in fondo... senza gli spoiler che il buon Caparezza accatasta nella sua
esilarante Kevin Spacey:
Altro autore italiano meritevole di attenzione, Cristiana
Astori sta per tornare sul Giallo Mondadori, dopo gli ottimi Tutto quel nero e Tutto quel rosso, con il nuovo Tutto
quel blu, basato su una coppia di film oggetto di un appassionante
quiz sul social network blu. Romanzo da comprare a scatola chiusa – meglio
se una scatola blu, come quella di Mulholland Drive, che – forse
contemporaneamente, ma sicuramente inconsapevoli della presenza gli uni degli
altri – alcuni di noi hanno visto nello stesso cinema, il Ciak, a poche decine
di metri dal pub, prima che chiudesse – come molte, troppe sale in città.
Questo incessante tornare del doppio, dei percorsi
paralleli, delle coppie (di personaggi, di film, di luoghi) ci fa venire un
dubbio: e se lo zeitgeist post-crisi non
fosse il disfacimento della società come eravamo abituati a conoscerla, ma
fosse piuttosto la duplicità? Si
spiegherebbero tante narrazioni contemporanee, da Another Earth a Enemy,
oppure 1Q84 di Murakami... e allora
forse – attraversato lo specchio dell’ultima scena della serie originale – la
rappresentazione televisiva più compiuta di questo sentire potrebbe essere, nel
2016, proprio Twin Peaks, che fin dal titolo evoca doppiezza.
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POST-ille
Donde proviene Faramir, l'ospite di oggi? De montibus aureis!
Fortunatamente è singolo e non doppio il mons che, aureum, dà il nome alla piccola
Manchester che ospita chi scrive. E come – lì e allora – i fondatori della
prima cooperativa (i Probi Pionieri di Rochdale, eccoli), in un’epoca che vide
anche la nascita di tutti i codici noti di football (incluso quello
australiano), ci si ritrova – qui e ora – a parlare di massimi sistemi davanti a una pinta, a fare comunità laddove la disgregazione è la norma.
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