Santa Maria in Valena (Valpolicella, VR)

lunedì 1 aprile 2013

GUERRA CINESE


Preparando la mia lezione di educazione linguistica per giovedì prossimo, è scattata la molla della scrittura. Tema: descrivere una situazione analoga a quella delle sfide de "I ragazzi della via Pàl".
Ho voluto provarci anch'io, visto che quei tempi si allontanano sempre di più, ma non nei ricordi, per fortuna.

per saperne di più...

“Agosta è un colonnello!”.
Sotto qualche capello bianco, ancora riecheggia nella mia memoria l’urlo che i giudici di gara lanciavano a squarciagola nel parco di villa Lebrecht a San Floriano, durante le nostre lunghe estati spensierate, che in quel lontano giorno di luglio ci vedevano in trasferta in Valpolicella con i centri estivi del comune di Verona. Giugno nei saloni della parrocchia, luglio presso la scuola media, agosto al mare o in montagna: quelle sì che erano Vacanze!

Davide Agosta è stato fino all’età di dieci anni, insomma fino alla quinta elementare, uno dei miei migliori amici. Tutto il giorno insieme: a scuola, a catechismo, in cortile, davanti alla tv (come non ricordare la semifinale mondiale dell’82 e l’infinita passeggiata nel centro storico di Verona dopo la vittoria al Santiago Bernabeu) e qualche rara volta si cenava pure alla stessa tavola. Davide era il classico ragazzino snello e atletico, bravo a giocare a calcio grazie al suo delicato tocco mancino, simpatico a tutti, maschi e femmine (il suo caschetto tendente al biondo contribuiva non poco a calamitare le compagne più o meno carine).
Durante le medie, finiti in classi diverse e cominciando a coltivare distinti interessi, le nostre strade si separarono. Il centro estivo era l’occasione per rivedersi e tornare a vivere le nostre sfide, alla fine delle quali spesso mi ritrovavo in una valle di lacrime per il mio eterno problema d’infanzia: accettare la sconfitta!
Quando partì l’urlo dalla collinetta in mezzo al parco, intorno al quale oggi passo di corsa nel disperato tentativo di recuperare la smagliante forma fisica di un tempo, la strategia fu subito ben chiara. Nella guerra cinese ognuno disponeva di un tesserino nel quale veniva indicato il suo grado gerarchico. Toccando il nemico si finiva nella zona franca, posta a metà strada tra le due basi avversarie, basi nelle quali veniva custodita la bandiera da difendere. I giudici operavano il confronto tra i due nemici e si tenevano il tesserino del perdente, minore di grado. In caso di corrispondenza il tesserino veniva restituito ad entrambi. Il colonnello Agosta era incappato in un tesserino spia: da quel momento avrebbe rappresentato un obiettivo importante. Davide militava nella squadra a me avversaria e, come l’unico generale rimasto sull’altro fronte, sarebbe stato meglio eliminarlo mandandogli contro una bomba. Attenzione però: il colonnello Agosta, non a caso, era sempre accompagnato e protetto da un soldato in grado di disinnescare la bomba.
Quel grido richiamò di nuovo in me il ricordo delle mie sfide con Davide, nelle quali troppo spesso avevo dovuto, mio malgrado, cedere. A parte che a me era toccato l’anonimo ruolo di sergente, in grado in effetti di sopravanzare il soldato semplice, ma anche se fossi stato una bomba avrei girato al largo.
In cuor mio avevo sempre avuto una grande considerazione di Davide e se la mia squadra avesse perso non ne avrei nuovamente fatto un dramma: ormai c’ero abituato…

Nessun commento:

Posta un commento