Daniele Soffiati e, soprattutto, il professor Alberto Grandi, con la sue partecipazioni televisive, hanno lanciato da qualche anno un messaggio chiaro e forte...
Loro sono partiti da studi accurati e ampie bibliografie, ma partono pure settimanalmente dal podcast DOI e quotidianamente dai loro vari social per ragionare sul senso dell’identità italiana in ambito gastronomico, ma non solo.
Tanti, come me, si sono appassionati ai loro interventi e hanno potuto apprezzare in questo libro
e in tante loro iniziative lo spirito, anche polemico se proprio vogliamo, che sta alla base del loro lavoro e dei loro incontri.
Molti altri invece vedono i loro interventi come volontà di mettere un freno al vento in poppa che sempre dovrebbe soffiare su quella nave del Made in Italy che tutti, in fondo in fondo forse anche gli autori stessi, sarebbero felici di ritrovare radicato ab aeterno nel nostro DNA.
Tutto sta nel come ciascuno di noi si pone davanti al paradosso della tradizione, affrontato simpaticamente e intelligentemente nell’ultimo capitolo del libro in uno dei paragrafi che si riferiscono al mito della nave di Teseo. Scegliete voi la vostra soluzione al paradosso di una nave, la nostra tradizione culinaria fuor di metafora, che… nei secoli viene riparata pezzo dopo pezzo… fino a non conservare nulla di propriamente originario, ma… proprio perché sempre aggiornata e al passo coi tempi (e col marketing) risulta... soprattutto nel presente... pienamente efficiente e superlativa nel navigare.
Ai posteri l’ardua sentenza, ma forse è meglio dire l’antica pietanza.